La politica di Donald Trump è sempre stata un esercizio di narrativa e iconografia, una costruzione scenica che lo vede protagonista assoluto in un teatro di potere e spettacolo. Ma con il suo secondo mandato, questa strategia ha raggiunto un nuovo livello, sospinta da due elementi chiave: l’intelligenza artificiale e una comunicazione visiva estremamente aggressiva.
L’ultimo video pubblicato su Truth Social, la piattaforma creata Trump dopo il ban da Twitter, in cui una fittizia “Riviera di Gaza” prende il posto della Striscia devastata dai bombardamenti, è il manifesto perfetto di questa nuova strategia di manipolazione visiva. Non si tratta solo di una provocazione, ma di un uso deliberato dell’intelligenza artificiale per riscrivere la realtà, creando una narrazione parallela che offusca la percezione pubblica.

A questa dinamica si affianca un altro elemento simbolico: il cambio d’immagine di Melania Trump. Il suo nuovo ruolo di First Lady adotta un power dress maschile e un’attitudine distante. Enfatizza autorità e freddezza, in netto contrasto con il personaggio che incarnava nel primo mandato. La sua trasformazione è parte di un piano di comunicazione preciso, che la pone come figura più autonoma e distaccata, rafforzando il messaggio di dominio e controllo trasmesso dalla Casa Bianca.
Il filo conduttore è chiaro. Trump utilizza l’intelligenza artificiale per creare mondi alternativi, Melania usa il linguaggio della moda per ridefinire la sua immagine pubblica. La politica diventa sempre più una questione di percezione. La narrazione visiva assume, infatti, un impatto maggiore rispetto al discorso politico tradizionale.
L’intelligenza artificiale come arma politica
Con il video su Gaza, Trump ha inaugurato una nuova era della propaganda, dove le immagini artificiali sostituiscono i fatti reali. Il concetto è chiaro: non c’è bisogno di convincere il pubblico con argomentazioni, basta offrirgli una nuova realtà in cui credere.
L’intelligenza artificiale ha cambiato radicalmente il modo in cui viene costruita la comunicazione politica. Se un tempo la propaganda si basava su slogan e ripetizione, oggi sfrutta la tecnologia per creare mondi alternativi che giocano sulle emozioni e sulla suggestione visiva. Il video mostra Gaza come potrebbe essere sotto il controllo americano, cancellando simbolicamente la devastazione e il dolore. L’intero impianto narrativo si basa su un’estetica volutamente kitsch, che semplifica e banalizza il conflitto attraverso immagini surreali, come danzatrici barbute e statue dorate di Trump.
La questione va oltre la propaganda tradizionale. Qui non si tratta solo di raccontare una versione parziale dei fatti, ma di costruire una realtà parallela in grado di sostituire quella reale. Se il pubblico accetta queste immagini come una possibile verità, allora qualsiasi fatto può essere manipolato e reinterpretato.
Melania Trump e il linguaggio della moda
Parallelamente al cambio di narrazione di Trump, anche Melania ha adottato una strategia comunicativa precisa, che si manifesta attraverso il suo nuovo dress code e il suo atteggiamento pubblico. Se nel primo mandato era vista come la fashion victim algida, oggi si presenta come una donna d’affari autoritaria, con completi maschili, giacche strutturate e persino cravatte.
L’obiettivo è evidente. Melania Trump sta cercando di distaccarsi dal ruolo di moglie trofeo, presentandosi invece come una figura autonoma, fredda e distaccata. L’uso di abiti maschili enfatizza questa trasformazione, sottolineando un’immagine di solidità e potere. Il suo look richiama quello del marito, creando un effetto visivo che rafforza il senso di dominio e autorità.


Nelle occasioni pubbliche più importanti, Melania ha adottato uno stile che richiama quello dei leader aziendali, con abiti che trasmettono determinazione e controllo. Il contrasto con la sua immagine del primo mandato è netto. Se allora il focus era sul glamour e l’eleganza, oggi il messaggio è chiaro: non c’è spazio per la leggerezza, solo per la gestione del potere.
L’abbigliamento, in questo caso, non è solo una scelta estetica, ma un elemento chiave della comunicazione politica. Ogni dettaglio del suo nuovo look è studiato per rafforzare la narrativa del Trump II, una presidenza che si propone come più aggressiva, più spietata e meno incline ai compromessi rispetto alla precedente.
La politica di Trump come show totale
Trump ha ridefinito la politica come un’esperienza visiva e sensoriale. Il contenuto è, quindi, secondario rispetto all’impatto emotivo e simbolico. Questa strategia si basa su tre elementi chiave: l’uso di un’iconografia potente che evoca emozioni forti, la manipolazione della realtà attraverso l’intelligenza artificiale e una leadership performativa che trasforma ogni apparizione pubblica in una scena studiata nei minimi dettagli.
Il secondo mandato di Trump appare molto più strutturato rispetto al primo. Se nel 2016 il suo potere era basato sulla provocazione verbale, oggi è diventato un costruttore di realtà alternative, sfruttando tecnologia, estetica e spettacolo.
L’aspetto più preoccupante di questa strategia è la sua capacità di sostituire la realtà con una narrazione visiva più efficace. Non si tratta solo di distorcere i fatti, ma di riscrivere completamente il contesto. Si eliminano le informazioni scomode e si offre al pubblico un’alternativa più accettabile, anche se completamente fittizia.
Come cambiare la comunicazione per affrontare questa sfida
Di fronte a questa nuova era della propaganda, la comunicazione tradizionale non basta più. La sfida non è solo combattere la disinformazione, ma trovare un nuovo linguaggio capace di contrastare l’ipnosi visiva creata da questa strategia.
Non si può più pensare di rispondere alla manipolazione con semplici fact-checking o smentite razionali. Il problema non è solo cosa viene detto, ma come viene mostrato. La comunicazione politica e giornalistica deve evolversi, creando un mod ello capace di contrastare la potenza visiva della propaganda. L’informazione deve tornare a essere un riferimento chiaro per il pubblico. Si deve distinguere dal rumore mediatico con un linguaggio nuovo, basato su trasparenza, autenticità e una narrazione solida.
Le nuove tecnologie devono diventare alleate nella lotta contro la manipolazione, con strumenti capaci di identificare contenuti artificiali e verificare le fonti in tempo reale. Il futuro della comunicazione non dipende solo dalla quantità di informazioni disponibili, ma dalla capacità di renderle accessibili e comprensibili in un contesto sempre più dominato dall’illusione e dalla spettacolarizzazione.
Se la politica è cambiata, la comunicazione deve cambiare con essa. Non basta raccontare i fatti, bisogna renderli visibili in un mondo dove l’illusione è sempre più convincente.